V Domenica di Pasqua – Amare, l’unico comandamento

Il comandamento che Gesù dona alla sua comunità (Gv 13,34-35) si esprime al singolare («un comandamento»). I molti comandamenti non sono che la manifestazione dell’unico comandamento che è l’amore. Il comandamento dell’amore è chiamato da Giovanni un dono (il verbo dare è troppo debole, meglio tradurre donare). Che un comandamento sia un dono può sembrare paradossale, ma è conforme a tutta la tradizione biblica: la legge di Dio è un dono, perché il suo dettato corrisponde alla nostra vocazione più profonda. L’a­more scambievole è per l’uomo movimento, vita, uscire dal chiuso, dall’odio, dall’egoismo e dall’indifferenza per respirare a pieni polmoni. Si legge nella prima lettera di Giovanni (3,14): «Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli, chi non ama rimane nella morte». Amare i fratelli è la prova decisiva che si è vivi.

L’amore reciproco trova in Gesù il modello e la fonte: «Come io ho amato voi». Come dice la norma e la misura. Ma dice anche la ragione: se possiamo amarci fra noi è perché Lui per primo ci ha amati. «Come io ho amato voi», dice Gesù. Noi ci aspetteremmo: «Così anche voi amate me». Invece no: «Gli uni gli altri». C’è dunque nell’amore di Gesù una di­mensione di gratuità che anche il nostro amore deve avere. L’amore di Gesù non accapar­ra il discepolo. Al contrario è un dinamismo che lo spinge verso gli altri. È amando i fratelli che si ricambia quello di Gesù.
L’amore tra i discepoli è un amore che tende alla reciprocità «amatevi gli uni gli altri» è ri­petuto più volte. Ma se vuole somigliare a quello di Cristo deve nascere da una gratuità. E deve trattarsi di una reciprocità che si apre all’universalità. «Da questo tutti riconosceranno che siete miei discepoli». Un’affermazione, questa, che taglia corto su ogni eventuale ten­tazione della comunità di rinchiudersi in se stessa. L’amore cristiano – proprio quando se ne sottolinea la reciprocità – non cessa di essere aperto. Il comando dell’amore fraterno è da Gesù definito «nuovo». Non si tratta di una novità cronologica, ma di una novità qualita­tiva. Il comando dell’amore è nuovo come è nuovo Gesù. Nuovo perché dischiude un mondo che appare nuovo e rinnovato, che sempre sorprende: nuovo a tal punto da essere il segno prefiguratore dei «nuovi cieli e della nuova terra». Nuovo anche perché è il segno e il frutto del mondo nuovo che la venuta di Cristo ha instaurato. La svolta è avvenuta e l’amore che ora i cristiani possono vivere appartiene già al mondo rinnovato. L’amore fra­terno è la novità della vita di Dio che irrompe nel nostro vecchio mondo, rigenerandolo. Ed è l’anticipo della vita futura a cui aspiriamo.

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