XIII Domenica TO – Seguire Gesù senza esitazioni

Gesù intraprende la strada verso Gerusalemme (9,51) con consapevolezza, coraggio e decisione. Ma anche con fatica: «Rese di pietra il suo volto», così il testo greco. Luca ha iniziato il racconto della missione pubblica di Gesù in Galilea con l’episodio del rifiuto dei nazaretani (4,16-30), ora introduce il viaggio verso Gerusalemme ponendo ancora all’inizio un rifiuto, quello dei samaritani. Sembra che l’evangelista voglia porre tutta l’attività di Gesù sotto il segno del contrasto e del rifiuto. Gesù è rifiutato dai samaritani per un motivo politico e razziale, a lui del tutto estraneo. Gesù ha provato personalmente che cosa significhi vedersi negare l’ospitalità perché straniero, ma all’intolleranza dei samaritani Egli non risponde – come avrebbero voluto i discepoli – con un castigo, bensì con la comprensione. Da rimproverare sono piuttosto i discepoli, che ancora non hanno capito la novità del Maestro, a loro volta prigionieri di quegli stessi pregiudizi che ora tanto li offendono. Continua a leggere “XIII Domenica TO – Seguire Gesù senza esitazioni”

XII Domenica TO – Sondaggio d’opinione!


Gesù prega in un luogo appartato con i suoi discepoli.

È in arrivo qualcosa di importante, prima di salire a Gerusalemme.

È il momento di conoscere la “carta d’identità” di Gesù!

Nessuna difficoltà a rispondere quando si tratta di riferire valutazioni altrui.

Ma quando si è interpellati in prima persona?!

Di Gesù si dice questo, di Gesù si dice quello!

A quale modello religioso paragonare Gesù?

Ma chi è veramente Gesù?

Mi ascolto.

Gesù, chi sei tu per me, per la mia vita?

Che posto occupi nel mio cuore?

Come ti giudico, come valuto ciò che dici e ciò che fai?

Cosa penso di ciò che mi chiedi?

Pietro risponde a nome di tutti, riconoscendo in Gesù l’inviato di Dio.
Subito dopo Gesù annuncia la sua passione, morte e risurrezione.
I discorsi si complicano!
Meno male che poco tempo prima aveva stupito moltiplicando il pane.
E circa otto giorni dopo questi discorsi si trasfigurerà.

Pietro intanto ne riconosce la gloria. E Gesù annuncia tristezze.
Il modo con cui Gesù porta avanti la sua missione genera sconcerto.
Il suo modo d’essere messia non corrisponde alle attese dei suoi connazionali.
E Gesù impone il silenzio.
Non tutti devono “sapere” subito. Hanno altre idee in testa!

Poi le indicazioni riguardanti i discepoli.
Le condizioni per quanti vorranno seguire il Rabbino di Nazareth.
C’è poco da stare allegri, le richieste non sembrano allettanti:
rinnegare se stessi, prendere ogni giorno la propria croce e seguirlo,
spendere la propria vita per lui per salvarsi!

Mi ascolto.
Gesù, sembra proprio che tu voglia smorzare l’entusiasmo
ogni volta che si fanno discorsi di gloria.
Credevo che seguirti avrebbe comportato l’aumento delle mie “quotazioni” nel mondo:
più successo, più potere, stima e gratificazione. Invece!

PREGHIERA

Grazie Gesù, perché non mi obblighi a seguirti, mi lasci libero di decidere della mia vita,
di fare ciò che mi fa sentire bene, vivo, contento. M’inviti solo a stare attento!
Esortandomi a caricarmi della fatica del quotidiano, disilludendomi dallo straordinario
come ricerca affannosa della mia immagine ideale.
Pietà Gesù, non sempre riesco a rinunciare a me stesso,
ai miei bisogni, ai miei desideri, alle mie ambizioni, ai miei progetti.

Grazie Signore, perché comprendi la mia paura di perdermi,
di lasciarmi andare alla tua provvidenza rinunciando alle mie sicurezze.
Grazie Signore Gesù perché continui ad amarmi nonostante il mio limite.

Padre Mimmo Castiglione

XI Domenica TO – Chi è perdonato impara ad amare

I personaggi sulla scena sono tre, e tutti e tre svolgono un ruolo importante: Gesù, la donna e il ricco fariseo. Non basta rimanere colpiti dal gesto misericordioso di Gesù verso la peccatrice. Occorre vederlo sullo sfon­do della reazione del fariseo. È solo così che ci accorgiamo che l’episodio pone a confronto due modi diversi di ragionare.

Nei confronti di Gesù il fariseo si è comportato in un modo e la donna in un altro. È lo stesso Gesù che lo ri­leva: «Tu non mi hai versato acqua sui piedi, lei invece mi ha bagnato i piedi di lacrime» (7,44-46). E nei confronti della donna il fariseo pensa in un modo (vede in lei la peccatrice e basta), e Gesù in un altro (scor­ge in lei il pentimento, la riconoscenza e l’amore). Continua a leggere “XI Domenica TO – Chi è perdonato impara ad amare”

Corpus Domini – Quel pane spezzato che rivela Cristo

Nell’episodio della moltiplicazione dei pani (Luca 9,11-17) non mancano alcuni particolari che sembrano vo­ler sottolineare la grandiosità del gesto di Gesù: la folla era di circa cinquemila uomini e dopo che tutti furono saziati avanzarono dodici ceste di cibo. Ma l’attenzione non deve soltanto soffermarsi sulla potenza di Gesù, bensì su altri due tratti molto rivelatori. Continua a leggere “Corpus Domini – Quel pane spezzato che rivela Cristo”

II Domenica di Pasqua – La paura trasformata in gioia

Il racconto di Giovanni (20,19-29) dell’apparizione di Gesù risorto ai discepoli è particolarmente ricco di spunti interessanti.

Ne scegliamo tre: la vittoria sulla paura, la pace e la gioia.

L’evangelista annota che le porte del luogo dove si trovavano i discepoli erano «chiuse per paura dei giudei». La paura è un sentimento che il lettore del quarto Vangelo conosce bene. C’è la paura della folla che non osa parlare in pubblico di Gesù (7,13), la paura dei genitori del cieco guarito che temono le reazioni delle autorità (9,22), la paura di alcuni notabili che non hanno il coraggio di dichiararsi nel timore di essere espulsi dalla sinagoga (12,42). Naturalmente la paura proviene dall’esterno, ma se può entrare nel cuore dell’uomo è unicamente perché vi trova un punto d’appoggio. Non serve chiudere le porte. La paura entra nel profondo se si è ricattabili, se qualcosa importa più di Gesù. E questo qualcosa può essere la vita, anche se, più spesso, si ha paura per molto meno. Ma ora che il Signore è risorto non c’è più ragione di avere alcuna paura. Persino la morte è vinta. Continua a leggere “II Domenica di Pasqua – La paura trasformata in gioia”

PASQUA 2010 – Non si è cristiani se non si crede che Gesù è risorto

Alle donne recatesi al sepolcro, il mattino di Pasqua, l’angelo disse: “Non abbiate paura. Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto!”. Ma è veramente risorto, Gesù? Quali garanzie abbiamo che si tratta di un fatto realmente accaduto, e non di una invenzione o di una suggestione? San Paolo, scrivendo a non più di venticinque anni di distanza dai fatti, elenca tutte le persone che lo hanno visto dopo la sua risurrezione, la maggioranza dei quali era ancora in vita (1 Cor 15,8). Di quale fatto dell’antichità abbiamo testimonianze così forti come di questo?

Ma a convincerci della verità del fatto è anche un’osservazione generale. Al momento della morte di Gesù i discepoli si sono dispersi; il suo caso è dato per chiuso: “Noi speravamo che fosse lui…”, dicono i discepoli di Emmaus. Evidentemente, non lo sperano più. Ed ecco che, improvvisamente, vediamo questi stessi uomini proclamare unanimi che Gesù è vivo, affrontare, per questa testimonianza, processi, persecuzioni e infine, uno dopo l’altro, il martirio e la morte. Che cosa ha potuto determinare un cambiamento così totale, se non la certezza che egli era veramente risorto? Continua a leggere “PASQUA 2010 – Non si è cristiani se non si crede che Gesù è risorto”

V Quaresima 2010 – Non per condannare, ma per salvare

Ce la faremo a capire che Dio ci vuol dare il suo perdono? “Lasciatevi riconciliare con Dio…”. Ce la faremo a capire che noi dobbiamo vivere il perdono con chiunque? “Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano…”.

Nell’episodio della peccatrice adultera notiamo il tranello che i farisei e gli scribi tendono a Gesù, ricordando la chiarezza della legge. La legge è chiara, non i sono dubbi. Una donna che va con un altro uomo non merita pietà. Quello che ha fatto è grave: ha tradito la sua famiglia, suo marito, i suoi figli. Il male che ha commesso deve essere tolto di mezzo. Per questo viene lapidata: perché davanti al male non ci possono essere mezze misure. Gli scribi e i farisei conoscono bene la legge e chiedono a Gesù di applicarla. Senza mezzi termini. Del resto ci troviamo non in un luogo qualsiasi, ma sulla spianata del tempio, in un luogo sacro. Gesù si sentirà di andare contro la “legge di Dio” proprio mentre si trova nella sua casa? Della donna e del male che ha commesso, a questa gente non importa nulla; per loro è solo un pretesto, per mettere Gesù in difficoltà. Dapprima si mette a scrivere, col dito, per terra. Cosa abbia scritto il vangelo non lo dice. Poi lancia il suo avvertimento: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei, per ucciderla”. Almeno ora diventano onesti e sono coerenti: uno alla volta se ne vanno tutti, cominciando dai più anziani. Ora resta solo la donna e Gesù; dice S. Agostino: la “misera” e la “misericordia”. Ma Gesù non vuole affatto condannare, non è venuto per questo. E’ venuto a portare misericordia, a guarire i malati per questo lascia libera la donna. “Nessuno ti ha condannata?” “Neppure io ti condanno!”. Ma deve togliere il male, lottare contro il male. Per questo le dice: “Và e non peccare più”. Sono le parole più belle e più grandi che il cuore di Dio a chi sente tutta la sofferenza dei propri peccati. Gesù dice a ciascuno: Io non ti condanno. Gesù non è venuto a condannare il mondo, ma a salvarlo; non è venuto per i giusti, ma per i peccatori… Vogliamo imparare tutto l’insegnamento di Gesù mettendoci al posto della peccatrice. Continua a leggere “V Quaresima 2010 – Non per condannare, ma per salvare”

III Domenica Quaresima – Un Padre che ama, malgrado tutto

Il tema centrale della parabola è l’amore del padre. A lui non interessa che il figlio gli abbia dissipato il patrimonio. Ciò che lo addolora è che il figlio sia lontano, a disagio. E quando ritorna non bada neppure alle sue parole («Trattami come uno dei tuoi servi»): l’importante è che il figlio abbia capito e sia tornato. Ecco il motivo della sua gioia: «Questo mio figlio era morto ed è tornano in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

Questo è il volto del vero Dio, un volto molto diverso da come scribi e farisei supponevano, e come giusti e benpensanti alle volte continuano a supporre.

Se invece prendiamo in considerazione la figura del figlio minore, allora ci accorgiamo che il suo peccato non è semplicemente consistito nel fatto che abbia chiesto la sua parte di eredità e l’abbia poi dissipata, lontano da casa, in una vita libertina. Questo comportamento non è che la conseguenza di una convinzione che gli si era radicata nell’animo, e cioè la convinzione che la casa fosse una prigione, la presenza del padre ingombrante e mortificante, e l’allontanamento da casa una libertà. Questo è il vero peccato del figlio minore. Il suo ritorno a casa – motivato all’inizio dal disagio («io qui muoio di fame») – trova il suo culmine non nel proposito di lavorare come un salariato per riparare il danno (anzi questo mostra che il figlio non ha capito ancora né la profondità dell’amore del padre né la profondità del suo peccato), ma semplicemente nell’aver capito che in casa si sta meglio e che fuori si sta peggio. Questo infatti è quello che voleva il padre. Null’altro. La conversione è un ritorno. Non è un prezzo da pagare – non sta lì il nocciolo della questione – ma una mentalità da cambiare.

A questo punto dobbiamo rileggere una terza volta la parabola dal punto di vista del figlio maggiore. Anziché condividere la gioia del padre, ne prova invidia. Come gli scribi e i farisei che mormorano contro Gesù, anch’egli pensa che il peccato sia consistito nel dilapidare le sostanze, non invece nel fatto di essersi allontanato da casa. E si capisce che anch’egli ragiona come il figlio minore. Infatti è rimasto in casa, ma convinto che lo stare in casa sia faticoso, sia un sacrificio, convinto anch’egli che fuori si sta meglio. È un figlio fedele, ma con l’animo del servo, incapace nel profondo di condividere la gioia del padre, perché non vede nel fratello che si è allontanato un povero da salvare, ma semmai un fortunato da punire. Non si sente figlio, grato e gioioso di essere in casa, già premiato per il fatto di essere in casa.

Don Bruno Maggioni

Senza caffé

Segnatevi questa data: 21 Febbraio 2010.

Perché? Perché é stata la prima domenica per la nostra parrocchia senza…caffé!

Per lo meno, da quando sono nella parrocchia é la prima volta che non ci riuniamo dopo la Messa per scambiarci un saluto e per quattro chiacchere.

Eh giá.  Ieri a Messa, al caro e sempre atteso annuncio ndel caffé, si é sostutito un serio: ” A cause dei lavori in corso, oggi niente caffé”.

É sceso il silenzio piú assoluto. Tra sbigottimento e qualche tentativo di sopperire alla inaspettata mancanza, qualche battuta e qulche tentativo ancora di verificare se fosse vero “”sto fatto”

Ma  in nostri italiani ostinati si trovano  fuori la chiesa, sul sagrato e in meno di 5 minuti  ci si organizza: il vicno bar fa al caso nostro e alla voglia di fare comunitá lo stesso.

Ma certo il caffé dei Cappuccini ha un altro sapore.

II Domenica Quaresima -Le piccole gioie sulla via della Croce

Il racconto evangelico della trasfigurazione, (Lc 9,28-36) vuole essere una rivelazione rivolta ai discepoli: il suo oggetto è il significato profondo e nascosto della persona di Gesù e della sua opera.

La nube, la voce, e la presenza di Mosè ci pongono in direzione della grande teofania del Sinai, modello di tutte le teofanie bibliche. Con questo si afferma che Gesù è il nuovo Mosè, il profeta definitivo, e che in Lui giungono a compimento l’Alleanza e la legge. Altri tratti, come le vesti candide e il volto splendente, ci dicono che Gesù, incamminato verso la Croce, è in realtà il Signore. È proprio in questo Gesù incamminato verso la Croce che troviamo il compimento dell’Alleanza e della legge.

Ma dobbiamo essere più precisi, la trasfigurazione non intende semplicemente rivelare il futuro che attende Gesù, ma anche manifestare il significato profondo che la realtà di Gesù già ora possiede. In altre parole, la trasfigurazione non è soltanto la rivelazione in anticipo della futura risurrezione di Gesù, ma è una rivelazione di ciò che Gesù è già: il Figlio di Dio. Di più: la trasfigurazione non è soltanto una rivelazione dell’identità profonda di Gesù e della via della Croce. È nel contempo una rivelazione dell’identità del discepolo. La via del discepolo è come quella del Maestro, ugualmente incamminata verso la Croce e verso la risurrezione. E anche per il discepolo la risurrezione non è una realtà semplicemente futura, ma è già una realtà presente e anticipata. La comunione con Dio è già operante. E di tanto in tanto questa realtà profonda e pasquale, normalmente nascosta, affiora. Nel viaggio della fede non mancano momento chiari, momenti gioiosi all’interno della fatica dell’esistenza cristiana. Occorre saperli scorgere e saperli leggere. Il loro carattere è però fugace e provvisorio, e il discepolo deve imparare ad accontentarsi. Pietro desiderava eternizzare quell’improvvisa chiara visione, quella gioiosa esperienza: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». È un desiderio che rivela un’incomprensione dell’avvenimento («Egli non sapeva quel che diceva»). I momenti gioiosi e chiari disseminati nella vita di fede non sono il definitivo, ma soltanto una sua pregustazione: non sono la meta, ma soltanto un annuncio profetico di essa. La strada del discepolo è quella della Croce. Dio offre un’anticipazione, ma poi bisogna fargli credito, senza limiti. Come ha fatto Abramo (prima lettura), che si è fidato della promessa di Dio giocando su di essa tutta la propria esistenza.

don Bruno Maggioni

VI Domenica TO – Il presente delle Beatitudini

Il quadro introduttivo (Lc 6,17) è molto solenne e preciso: Gesù scende dalla montagna in un luogo pianeggiante e pronuncia il suo discorso circondato dai discepoli e dalla folla. Una folla venuta da ogni dove, persino dalle contrade pagane di Tiro e di Sidone. Il confronto con le beatitudini di Matteo (5,3-12) ci offre il modo di notare tre particolarità proprie della narrazione lucana. Il tono di Luca, ad esempio è più personale di quello di Matteo, più rude e coinvolge direttamente l’ascoltatore («Beati voi poveri»). Inoltre Luca parla di poveri, di piangenti, di affamati, di perseguitati, e tralascia le precisazioni di Matteo (poveri nello spirito, affamati di giustizia). Infine Luca elenca tre guai, che imprimono al discorso un tono quanto mai drastico e radicale (6,24-26).

I profeti hanno descritto il tempo messianico come il tempo in cui Dio si sarebbe preso cura dei poveri, degli affamati, dei perseguitati. Gesù proclama che questo tempo è arrivato. Per i profeti le beatitudini erano al futuro, una speranza: «Verrà un tempo in cui i poveri saranno beati». Per Gesù è un presente: oggi i poveri sono beati. La ragione è una sola, fondamentale: la gioia del Regno arrivato. È alla luce del Regno arrivato – Regno che ha capovolto i valori comuni – che si giustifica la paradossalità di queste parole di Gesù.

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10 Gennaio 2010- BATTESIMO DEL SIGNORE

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3,15-16.21-22)

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».

Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una co­lomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiaci­mento».

Ciò che Dio è e fa per noi

Mentre Gesù, ricevuto il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì
Il racconto del battesimo di Gesù tocca una domanda cruciale della nostra fede, dopo che generazio­ni di cristiani si sono immersi nel fiume tumultuoso della storia, ricevendo lo stesso “lavacro di rin­novamento nello Spirito” (Tt 3,56).

Chi è Gesù e, di conseguenza, chi sono i cristiani oggi? Tale interrogativo provoca dal tempo di Giovanni il battezzatore ad oggi, un’infinità di risposte che mostrano il tentativo dell’uomo e del cre­dente di accostarsi al mistero della persona di Gesù.

Assomiglia un po’ il confronto che accende l’opinione pubblica attuale sul rapporto tra fedi e religio­ni alla richiesta rivolta da tutto un popolo in attesa di Giovanni: “sei tu il Cristo?” (Lc 3,13).
1. La novità e la qualità della predicazione, accompagnata da un esigente stile di vita, erano talmen­te alte da far presagire una possibile coincidenza con l’arrivo del Messia. Con l’onestà e la santità di vita, il Battista annuncia l’arrivo imminente, oltre ogni aspettativa di “Colui che battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Lc 3,16). Questo evento che riconcilia nuovamente il cielo con la terra, realizza l’antico sogno del profeta delle grandi attese, Isaia “Allora si rivelerà la gloria del Signore ed ogni uomo la vedrà” (Is 40,5).

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Dal Vangelo secondo Matteo

Mt 2,1-12

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Geru­salemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giu­da: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».

Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giun­se e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adora­rono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Festa di fede.

Festa della Fede, quella di oggi, e dunque festa nostra se la luce che è Gesù nato a Betlemme ci ha raggiunto e la sua Manifestazione come Signore, Dio, uomo ci ha raggiunto e messi in cammino. Perché ogni uomo è chiamato a comprendere la propria realizzazione umana guardando Gesù, a su­perare legami religiosi magici, superstiziosi per gustare la gioia di un Dio in braccio a sua madre e tutti i popoli devono sapere che il loro destino è nelle mani di Uno più potente della morte, della di­visione, dell’odio e dedicarsi a costruire la pace.

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Natale 2009

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18)

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne
né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

Parola del Signore.
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